sabato 4 novembre 2017

Le due facce di Massimo Mila

In un suo racconto, citato molto spesso, Massimo Mila narra di aver saputo di aver vinto il premio Viareggio da un villeggiante di Courmayeur, incontrato per caso; Mila era di ritorno da una drammatica esperienza alpinistica sul monte Bianco che lo aveva costretto a un bivacco nel mezzo di una tormenta. Chiude così il suo racconto: Ecco dove mi ha trovato il Premio Viareggio del 1950: sui prati di Entrèves, il luogo che ho più caro al mondo. E ha messo l’una di fronte all’altra, come mai prima di quella scadenza significativa della mia vita, quelle che sono le due facce della persona, i due fili della mia esistenza: la vocazione alla cultura, necessariamente sedentaria, e l’amore dell’avventura alpina.
Ben conosciuto come critico musicale, Mila ha scritto molti libri dedicati alla storia della musica, così come a Mozart, Verdi, Stravinsky, Brahms e altri grandi compositori. Fu anche buon alpinista al punto di essere ammesso tra gli accademici del CAI, seppure per meriti culturali come ammise lui stesso. Mila scrisse quindi anche di montagna, sua grande passione al pari della musica. In biblioteca abbiamo L'altra faccia della mia persona (ed. Vivalda); nel 1992 Einaudi pubblicò una raccolta dei suoi Scritti di montagna. In questo volume di oltre 400 pagine (purtroppo fuori catalogo) Mila affronta il tema montagna da svariati punti di vista: ci sono naturalmente resoconti delle salite più interessanti, effettuate principalmente tra il monte Bianco e l'Oberland; ricordi di grandi alpinisti come Gervasutti, Boccalatte, Chabod e altri con cui Mila ebbe il piacere di scalare; l'invito allo sci fuori pista e le sue salite scialpinistiche; le lettere da Regina Coeli durante gli anni della prigionia dovuta alla militanza antifascista; non ultimi gli scritti che cercano di inquadrare una filosofia dell'alpinismo, la ricerca del perché e del come si va in montagna. Ne emerge un innamorato assoluto, la passione alpinistica si avverte in ogni pagina. Il tratto fondamentale del suo narrare è la discrezione, la negazione di ogni trionfalismo anzi un pudore spesso intriso di autoironia. Se si respira l'ammirazione per i grandi della sua epoca, a volta suoi compagni di cordata, è soprattutto il sentimento di amicizia e cameratismo che caratterizza il racconto delle sue avventure alpinistiche. Mila indaga le ragioni dell'alpinismo per concludere che il vero successo di chi va in montagna è la propria soddisfazione interiore, rifuggendo qualsiasi affermazione e competizione. Il valore più alto che cerca in montagna, come nella vita civile, è la libertà individuale. L'alpinismo di Mila, pur di alto livello, non ricerca tanto la performance sportiva quanto la chiave per conoscere il mondo e sé stessi. I temi della vita civile appaiono talvolta: nel ricordo di Guido Rossa, alpinista e sindacalista ucciso dalle Brigate Rosse, come nell'incontro con i due clandestini che cercano di passare le Alpi per emigrare in Francia o nella perorazione per l'ammissione delle donne tra gli accademici, ancora vietata nel CAI degli anni '60.

La lettura degli scritti di Mila mi ha comunicato un senso di chiarezza, di giustizia, quando i valori della vita civile sembrano confusi così come quelli dell'alpinismo. Perciò mi è sembrato doveroso parlare di questa figura di intellettuale e di alpinista nella prossima serata biblioteca. In questo compito non semplice mi aiuteranno Nazzareno che tratterà il Mila musicologo e i rapporti tra musica e montagna, Silvia che ne metterà in luce l'impegno civile e tutti i soci e simpatizzanti che avranno la cortesia di ascoltarci e interloquire con noi.

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