domenica 27 novembre 2016

Quando Hans Castorp imparò a sciare

Agli inizi del '900, un giovane rampollo di una buona famiglia della borghesia tedesca parte da Amburgo e fa un lungo viaggio per arrivare sulle Alpi Svizzere: va a trovare il cugino malato che è ricoverato in un sanatorio, in un villaggio di alta montagna. Il soggiorno dovrebbe durare tre settimane; invece Hans Castorp, questo il nome del protagonista, rimarrà lì per sette anni. Su al Berghof, il nostro Castorp vivrà l'oblio dal mondo ma verrà a contatto con persone, idee, sentimenti che non aveva mai incontrato nella sua vita in pianura, restando "incantato" dalla montagna.
Questa storia è abbastanza nota. è infatti quella narrata da Thomas Mann ne La Montagna Incantata.
Leggendo la biografia di Annemarie Schwarzenbach e il suo romanzo Fuga verso l'alto, di cui ho detto nei post precedenti, mi è sembrato necessario far riferimento a questo grande classico della letteratura del Novecento. Sono molte le analogie tra i due romanzi: sono stati scritti a meno di dieci anni di distanza, si svolgono in località di montagna vicine, entrambe frequentate da personaggi di una classe sociale elevata e che subiscono, o forse più probabilmente cercano, il distacco dalla loro vita precedente. Per tutti il soggiorno in montagna sarà un'esperienza decisiva.
Di tutto ciò parleremo nella serata biblioteca di venerdì prossimo, 2 dicembre. A guidarci tra i temi e i personaggi de La Montagna Incantata, ci sarà Anna Amalia Guadagnoli, del circolo di lettura della Biblioteca Comunale e appassionata lettrice dell'opera di Thomas Mann. Sarà lei a ripercorrere le avventure interiori di Hans Castorp nel suo soggiorno sulle Alpi.
Io, che ho sempre un po' l'occhio del montanaro, vi anticipo un solo capitolo, quello in cui il nostro protagonista impara a sciare. Ciò accade oltre cento anni fa, quando lo sci aveva tutto un altro significato rispetto a oggi, somigliando molto più ad un'escursione con gli sci ai piedi. Castorp è un cittadino che si ritrova al cospetto di una montagna ammaliante nella sua veste invernale ma sconosciuta e minacciosa. Nelle sue peregrinazioni in sci ne avvertirà distintamente tutto il fascino ma anche il pericolo; in un attimo la montagna potrebbe diventare un animale feroce che potrebbe ghermirlo con una zampata. Allora Castorp capirà che la bellezza della montagna può percepirla soltanto standoci dentro e non è quella che può vedere dalla terrazza dell'albergo.

sabato 19 novembre 2016

La ragazza sulla montagna incantata

Una distesa infinita di neve, montagne mute e maestose. Una risalita faticosa, una discesa folle col vento in faccia. Tornare ancora su, domani, e scendere di nuovo. Ancora su, nel vano tentativo di dimenticare, di trovare un equilibrio interiore. Da lontano, dalla pianura, arrivano echi violenti di mondo che va rivoltandosi sottosopra. Allora bisogna salire ancora in un’eterna Fuga verso l’alto. È questo il titolo del romanzo di Annemarie Schwarzenbach che racconta la montagna come ricerca del distacco, come oblio. Chi non ha mai sentito parlare di questa autrice non ha che da leggere il post che trova qui sotto.
I drammatici eventi che accadono nei primi mesi del 1933 segneranno in maniera indelebile la storia d’Europa. In gennaio, Hitler sale al potere, in febbraio l’incendio del Parlamento tedesco servirà ad accusare i comunisti di questo atto e rafforzare il regime. Annemarie Schwarzenbach lascia definitivamente Berlino. Durante questi mesi scrive Fuga verso l’alto. La stesura del romanzo, per una tetra coincidenza, termina il 10 maggio, lo stesso giorno in cui, a Berlino, i nazisti bruciano in piazza i libri che si oppongono all’ideologia ormai dominante.
Nel romanzo gli echi di tali violenze arrivano attutiti; sono invece lo sradicamento familiare dei protagonisti e il loro spaesamento ad attraversare tutta la narrazione. Allora non resta che tornare ossessivamente a sciare nel vano tentativo di dimenticare e cercare una nuova dimensione di sé. Il tempo sembra diluirsi fino a diventare rarefatto, qui in alta montagna dove l’inverno sembra non finire mai. L’attesa diviene opprimente e richiama le atmosfere de La Montagna Incantata di Thomas Mann. Qui il discorso si allarga pericolosamente e bisognerà parlarne un’altra volta.

Per ora vi do appuntamento a venerdì 2 dicembre, nella sede del CAI, per parlare di entrambi i romanzi.


sabato 12 novembre 2016

Lei così amata

Ho trovato l’anima gemella, la donna della mia vita. Mia moglie non si è preoccupata neanche un po’. Annemarie Schwarzenbach è morta, ancora giovane, nell’estate del 1942. L’ho conosciuta soltanto attraverso i suoi libri e le sue fotografie e tramite ciò che è stato scritto su di lei.
Annemarie era un tipo mascolino e seducente al tempo stesso, verso persone di entrambi i sessi. Ancora oggi emana un grande fascino attraverso le tracce visive e letterarie che ha lasciato. Io me ne sono lasciato conquistare. La ragazza nasce nel 1908 da una ricchissima famiglia di Zurigo, il padre è un industriale della seta. Ha grandi possibilità e qualità: viaggia per quattro continenti e scrive reportage da paesi remoti, è scrittrice, ottima fotografa, archeologa dilettante, eccellente pianista al punto che potrebbe intraprendere, se volesse, la carriera di concertista. Una donna colta, con svariati interessi e un consistente patrimonio familiare: si potrebbe pensare che abbia tutto per una vita di soddisfazioni. Riesce invece in un’impresa che sembra impossibile: rovinarsela. È questo il capolavoro della sua esistenza. Perennemente in conflitto con la famiglia che vorrebbe imporle un rigido stile degno della loro posizione sociale, tormentata da sensi di colpa e impulsi di autodistruzione, trova sfogo in viaggi avventurosi alla ricerca di un senso da dare alla sua vita. Coltiva un’amicizia fatta di attrazione e conflitti con Erika e Klaus Mann, figli del celebre Thomas, l’autore de La montagna incantata. C’è anche un’attrazione erotica con entrambi (sì perché la ragazza non si fa mancare nulla) che però non sfocia in nulla perché Erika le sfugge e Klaus perde l’attimo in cui potrebbe sposarla.
Non posso negare che le sue qualità di viaggiatrice alternativa, fotografa, reporter e scrittrice mi abbiano affascinato, ma anche i contrasti familiari mi intrigano, soprattutto quando Annemarie prende una netta posizione contro l’avvento del nazismo a cui i suoi genitori sono invece favorevoli. Mi piacerebbe sempre imitarla, seppure da lontano, per questi aspetti che ho detto. Certo non potrei emularla come pianista, cosa a cui non mi sono mai dedicato e non potrei mai seguirla nelle sue cadute verso l’uso di morfina e nel tentativo di suicidarsi.
Per ora sto leggendo la sua biografia dal titolo Lei così amata, scritta da Melania Mazzucco in forma romanzata seppur basata su fatti reali. La quarta di copertina recita: Il fascino di una vita talmente imperdonabile, misteriosa, fragile e dannata da diventare romanzo. Questa lettura mi è stata “prescritta” da Angelo per preparare al meglio la prossima serata dove parleremo dell’unico vero romanzo di Annemarie Schwarzenbach, Fuga verso l’alto, che richiama non a caso le atmosfere de La montagna incantata di Thomas Mann. Ne parleremo le prossime settimane.
Annemarie Schwarzenbach muore il 6 settembre 1942, in Engadina, non lontano dalla tenuta di famiglia, per una caduta dalla bicicletta. Anche in questo ho provato ad imitarla ma ho fallito anche qui: portavo il casco e non sono andato oltre una giornata al pronto soccorso con un codice giallo. 


domenica 6 novembre 2016

Sono pietre o sono nuvole?

La serata di venerdì scorso è andata bene e fa sempre piacere condividere questi momenti con i soci e amici che partecipano. È stato molto piacevole entrare in contatto con ragazzi e docenti dell’Accademia di Belle Arti e conoscere i progetti di questa importante istituzione cittadina; allo stesso modo, è importante far partecipi delle attività del CAI giovani al di fuori della nostra cerchia. Una reciproca conoscenza che continuerà con l’impegno ad organizzare una visita dell’Accademia, appositamente per i soci CAI.
Tornando a parlare di libri e di montagne, vorrei soffermarmi sull'ultimo argomento della serata, appena sfiorato: gli scritti di montagna di Dino Buzzati. Avevo già letto e apprezzato tante cose dello scrittore – ma anche giornalista, pittore e alpinista - bellunese, quando comprai Le montagne di vetro, edito da Vivalda. Questa raccolta di articoli e racconti di Buzzati, curata da Enrico Camanni, è un libro che mi è rimasto nel cuore e che conservo gelosamente. È sconfinato l’amore di Buzzati per le sue Dolomiti, descritte con un tono fiabesco. La loro bellezza è abbagliante e sfuggente al tempo stesso: - Sono pietre o sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno? -. Buzzati è affascinato, allo stesso modo, dai grandi dell’alpinismo classico, da Preuss a Piaz, da Tissi a Comici, che proprio sulle Dolomiti portano l’arrampicata ai massimi livelli dell’epoca. Allo stesso tempo, Buzzati sembra dispiacersi quando quella guglia o quella parete che sembrava impossibile fu finalmente salita. Una vittoria dell’uomo che però scalfiva l’aurea fiabesca della montagna. Nel libro si trovano anche gli scritti di Buzzati che già nel primo dopoguerra, in anticipo rispetto ad una coscienza ambientalista ancora da venire, si oppone alla costruzione di strade e funivie: il nostro è un romantico che ama il mistero che la montagna ispira e non vuole svenderlo al profitto e a un falso progresso.
Il  libro è ormai fuori catalogo e non me la sono sentita di donare la mia copia, neppure alla nostra biblioteca. Nei nostri scaffali abbiamo però a disposizione I fuorilegge della montagna, edito da Mondadori: un’antologia degli scritti di montagna di Buzzati curata da Lorenzo Vigano. Qui si possono ritrovare i ritratti dei grandi alpinisti e l’incanto delle cime ma ci sono anche tante altre cose come, a esempio, gli articoli dedicati alla spedizione italiana al K2, pubblicati sul Corriere della Sera. Insomma c’è più quantità, a scapito un po’ della qualità. . Continuo a conservare gelosamente la mia copia de Le montagna di vetro e, ogni tanto, a rileggerne qualche pagina